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Amelia Earhart, l’esploratrice dei cieli

Oggi si può viaggiare da un capo all’altro del mondo in tutta sicurezza, godendosi il volo con innumerevoli attività, o leggendo, oppure semplicemente riposando e dormendo. Lo sviluppo del turismo internazionale sarebbe stato impossibile senza lo sviluppo dell’aviazione civile. Ma ci fu un tempo, appena un secolo fa, in cui tutto ciò non era possibile. E in cui aviatori coraggiosi aprivano le prime «piste nel cielo» a rischio della vita. Tra quegli aviatori intrepidi una merita d’essere, più di altri, raccontata: Amelia Earhart, un’autentica icona femminista.

Una vita segnata
Amelia nasce il 24 luglio 1897 ad Atchison (Kan-sas), nel cuore degli Stati Uniti. Fin da piccola mo-stra un carattere indipendente, nonché un grande interesse nei confronti di quelle donne che avevano avuto successo in attività tradizionalmente considerate maschili. Nel 1920 decide che sarebbe diventata una pilota dopo la sua prima esperienza di volo, un’ascensione di die-ci minuti su un aereo turistico a Long Beach, in California. «Quando raggiunsi la quota di due o trecento piedi (tra i 60 e i 90 metri – ndr), seppi che dovevo volare», avrebbe ricordato in seguito. Il 3 gennaio 1921 prese la pri-ma lezione e due anni dopo ottenne il brevetto di volo. Negli anni ‘20 e ‘30 realizzò numerosi re-cord: fu la donna che volò all’altitudine e alla velocità maggiori allora raggiunte; ad attraversare l’Atlantico e a pilotare, in solitaria, tra Oakland e Ho- nolulu, e tra Los Angeles e Città del Messico.

L’ultimo volo
Amelia Earhart era una celebrità quando, nel 1937, progettò di compiere il giro del mondo. La sua non era la prima traversata aerea intorno al globo – impresa realizzata da una squadra statunitense nel 1924 –, ma era di certo la più lunga: una estenuante rotta di 47 mi-la chilometri vicino al-l’equatore.
Il tentativo iniziale non andò a buon fine. Infatti, un incidente danneggiò gravemente il velivolo. Dopo la riparazione dell’aereo (un «Lockheed modello 10 Electra»), il primo giugno lei e il suo ufficiale di rotta, Fred Noonan, pilota con grande esperienza di volo nel Pacifico, intrapresero il viaggio da Miami verso est. Dopo svariati scali giunsero a Lae, nella costa orientale della Papua Nuova Guinea. Il 2 luglio 1937 Earhart e Noonan partirono per la destinazione successiva, l’isola di Howland, circondata dalla barriera corallina, sperduta in mezzo al Pacifico e a metà strada tra l’Australia e le isole Hawaii. Un cutter «Itasca» (un’imbarcazione di supporto) era stazionato in zona con l’incarico di mantenere i contatti radio con i piloti e guidarli fino al luogo stabilito. L’isola si trovava a circa 4.100 chilometri di distanza e la quantità di carburante era sufficiente per arrivare in condizioni normali, nonostante il fatto che i serbatoi (con una capacità di 1.150 galloni, quasi 4.000 litri) non fossero stati riempiti completamente per ridurre il peso dell’aereo. Eppure gli aviatori non giunsero mai a destinazione.
Dopo ore di volo, l’avvicinamento finale all’isola Howland attraverso la ra-dio-navigazione fu fallimentare. L’«Itasca» rice- vette segnali dall’aereo, ma le comunicazioni di risposta furono quasi inesistenti. Earhart e Noonan proseguirono senza rotta su nuvole sparse le cui ombre a forma di isola potevano disorientarli. In una delle ultime chiamate trasmisero: «Itasca, dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi. Il carburante si sta esaurendo. Non siamo riusciti a raggiungervi via radio. Stiamo volando a 1.000 piedi (circa 300 metri – ndr)». A quel punto il contatto si interruppe e l’aereo fu dato per disperso.
Una missione di salvataggio che mobilitò 66 aerei e nove barche per rastrellare 250mila miglia quadrate di oceano si concluse senza risultati. Il 5 gennaio 1939 l’aviatrice fu dichiarata legalmente morta.
Fin dall’inizio la scomparsa di una persona così intrepida come Amelia Earhart alimentò ogni ti-po di speculazione. Se-condo una delle ipotesi che iniziarono a circolare, Earhart e Noonan stavano partecipando a una missione di spionaggio che aveva l’obiettivo di fotografare le strutture militari nipponiche presenti nel Pacifico negli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra mondiale. Secondo questa ipotesi, l’«Electra» sarebbe stato individuato nello spazio militare aereo delle isole Marshall e abbattuto, oppure costretto ad atterrare dai giapponesi. Da qui l’interesse del governo degli Stati Uniti per le ricerche.
Altri credono che gli aviatori sopravvissero come naufraghi su un’isola de-serta del Pacifico. Nes-suna delle due teorie, per quanto rocambolesche, è stata completamente confutata. In realtà, l’ipotesi più probabile è che, non riuscendo a stabilire un contatto con il «cutter», l’aeroplano fosse rimasto senza carburante e si fos-se schiantato nell’oceano con i due aviatori a bordo.

Le ricerche recenti
Dal 2002 la compagnia «Nauticos», impegnata nell’esplorazione dell’ocea-no, ha tracciato invano la zona con la tecnologia sonar per acque profonde. Sebbene tali ricerche non abbiano rilevato resti del-l’aereo, sia i funzionari incaricati sia il dipartimen- o di aeronautica del «National air and space museum» degli Stati Uniti sono convinti che l’apparecchio si trovi a circa 5.500 metri di profondità, nelle vicinanze dell’isola Howland. E se invece l’«E-lectra» proseguì il volo e riuscì ad atterrare in qualche isola del Pacifico? Questa è la tesi alla base della ricerca del «Gruppo internazionale di recupero aerei storici». Secondo il parere di questi ricercatori, Earhart e Noonan non riuscirono a scorgere Howland, si diressero a sud (da quanto si desume nell’ultima trasmissione conosciuta), fecero un atterraggio d’emergenza a Nikumaroro (nelle isole Gardner), dove sopravvissero come naufraghi fino a che morirono senza es-sere stati ritrovati. L’«E-lectra» potrebbe essere atterrato sulla scogliera e poi trascinato nell’oceano dalla marea. Non si sa cosa accadde a Noonan, ma Earhart potrebbe es-sere deceduta in un ac-campamento improvvisa- to nell’estremità sud-est dell’atollo.

Le analisi e i resti
Sostengono questa tesi anche i risultati di analisi condotte dall’Università del Tennessee, secondo cui i resti di ossa umane trovate nel 1940 a Nikumaroro sarebbero di Amelia. Nella zona sono stati trovati anche una custodia, i resti di una scarpa simile a quella che portava la Earhart, i pulsanti e la cerniera di una giacca da aviatore. Il mistero rimane.