Terreni confiscati alla mafia, bando per l’assegnazione

CALATAFIMI. Riutilizzo con f inalità sociali per due piccoli appezzamenti nelle contrade Nanfo e Tufforosso. Quante volte si sente parlare di beni confiscati alla mafia? La presenza della criminalità organizzata all’interno di un sistema economico influenza l’allocazione delle risorse, scegliendo determinati settori in cui si pensa di poter ottenere più profitti. Uno degli strumenti più efficaci per contrastare questo fenomeno è rappresentato proprio dalla confisca dei beni. Dal 2010, anno in cui è stato istituita l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, ville, aziende, opere d’arte o terreni possono essere utilizzati a fini sociali ed occupazionali. Proprio in questi giorni, il Comune di Calatafimi, tramite un avviso, ha aperto le “candidature” per affidare due piccoli appezzamenti di terreno, che si trovano uno in contrada Nanfo (di 760 metri quadri) e l’altro in contrada Tufforosso (di 310 metri quadri), confiscati alla criminalità organizzata. Le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali o le associazioni di protezione ambientale, che non abbiano necessariamente sede nel territorio di Calatafimi, possono presentare istanza di partecipazione, con la relativa documentazione richiesta (che è possibile visionare all’interno del sito istituzionale del Comune), a mano o tramite raccomandata o posta elettronica, entro il 15 marzo. La decisione finale, sull’organizzazione e sulla proposta progettuale ritenuta più “meritevole”, avverrà innanzitutto dopo un primo esame della documentazione, la verifica dei requisiti di idoneità, la valutazione e l’assegnazione provvisoria, ed infine la stipula definitiva della concessione. Stipula che avrà una durata di dieci anni, con eventuale proroga, se richiesta. Durante questo periodo l’organizzione che avrà ricevuto la concessione, dovrà occuparsi della sorveglianza, della pulizia e della custodia dell’immobile, tenendo costantemente informato l’ente concedente dell’attività svolta, oltre a stipulare un’apposita polizza assicurativa. Quello di Calatafimi è solo uno dei tanti esempi che esistono, non solo al sud, ma in tutta Italia, sulle varie esperienze di riutilizzo di questi beni; esempi più o meno positivi, ma che rappresentano comunque qualcosa a livello simbolico. Perché a livello simbolico? Perché un loro corretto riutilizzo può essere una possibilità di scelta per la comunità, diffondendo la cultura della legalità. A livello pratico, invece, si possono trasformare in uno sbocco occupazionale e di ricchezza. Moltissimi sono stati i progetti, avviati in questi anni dalle varie associazione ed onlus. A Salemi, lo scorso anno, sono stati completati i lavori sul canile comunale costruito proprio su un terreno confiscato alla mafia, in contrada Baronia Inferiore. A Castelvetrano invece, nel 2014, è stato assegnato alla cooperativa «Terramia», lo stabilimento «Olioliva», che si trova in via Tagliata, mentre alla cooperativa «Rita Atria», aderente a «Libera», sono stati affidati i terreni confiscati alla mafia di contrada Canalotto e Seggio Torre. Si tratta di oltre cinquanta ettari di terreno in gran parte occupato da alberi di ulivo, che danno lavoro ai soci della cooperativa e a decine di altri lavoratori. I beni sequestrati e confiscati alla mafia in Italia sono un tesoro. «Oltre trentamila beni tra immobili e aziende. Un patrimonio che vale 25 miliardi di euro» secondo una recente relazione della presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi. Nell’ultimo biennio infatti non sono stati mai così tanti i beni sottratti alle mafie e gestiti dall’Agenzia nazionale. Lo dice l’ultima relazione presentata dal prefetto Ennio Sodano, neo direttore, durante un incontro a Reggio Calabria. Valentina Mirto