Ospedale, il malato chi lo cura?
A Castelvetrano pronto soccorso in tilt per la carenza di medici. Alla ricerca di soluzioni per superare l’emergenza.Quei principi che il p a d r e della medicina ha voluto trasmettere ai propri allievi, continuano ad ardere nell’animo di chi esercita questa scienza. Dal 377 a.C. il giuramento di Ippocrate che vuole il medico paternalista nei confronti dei propri pazienti, continua ad essere rispettato. Accade così che tre medici del pronto soccorso di Castelvetrano, tra turni insostenibili e lamentele dei cittadini, portino avanti con dedizione il proprio lavoro a costo di mettere a rischio la loro stessa salute. Prova ne è il malore accusato da uno dei medici in servizio, Antonella D’Angelo, la quale, qualche settimana fa, sottoposta ad un forte stress, lavorando da sola e con il servizio di radiologia sospeso, ha perso i sensi, finendo in osservazione al reparto di cardiologia, passando così, senza accorgersene, dal ruolo di medico a quello di paziente. Attualmente nell’unità operativa di primo soccorso sono in tre, ma ne servirebbero il doppio. I medici della struttura operano in condizioni estremamente stressanti, tenendo sotto controllo contemporaneamente circa venti pazienti e visitandone altri in codice rosso, portati in emergenza dalle ambulanze del 118. Scalisi, Giammarinaro e D’Angelo mantengono mente lucida e calma, nonostante le mille pressioni, nonostante i malumori dei familiari dei pazienti stanchi dell’attesa e nonostante le insidie che il lavoro nasconde, che potrebbero costare la vita di una persona o anche una denuncia. Nonostante la “crisi” lavorativa, a nulla è valso il bando per il reclutamento a tempo determinato di undici nuovi medici di pronto soccorso, un bando emanato lo scorso mese e che però è andato deserto, pare anche a causa della precarietà del lavoro. Nessuno sembra disporre del “coraggio” di affrontare una tale mole di incombenze. Accade così che un dirigente, Giovanni Bavetta, attuale commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale, per sopperire al gap medico finisca per rimettere il camice per svolgere un turno di servizio al Pronto soccorso. Un gesto che, come ha spiegato lo stesso medico, ex primario di ginecologia, ha voluto compiere per esprimere la solidarietà nei confronti dei colleghi e per dimostrare che l’Azienda sanitaria, nonostante le difficoltà, è vicina ai medici. In questo periodo, per tamponare l’emergenza, i sanitari dei reparti dell’ospedale sono stati “presi in prestito” per affiancare i colleghi o coprire i turni. Con la stagione estiva, però, come aveva preannunciato il presidente del Tribunale dei diritti del malato, Serena Navetta «la situazione è diventata critica. La struttura – spiega – copre l’intera popolazione della Valle del Belice. In un anno ci sono 34mila accessi, che aumentano in maniera esponenziale nel periodo estivo con turisti e villeggianti. Al pronto soccorso i medici attuali non riescono a coprire l’intera giornata e sono costretti a turni massacranti, che mettono a rischio la salute. Si è cercato di sopperire prendendo i medici dei reparti, ma non è stata una buona idea, perché così questi rimangono scoperti ». Bavetta, intanto, preso atto che sono andate deserte le convocazioni a tempo determinato, ha quindi chiesto all’Assessorato regionale alla Salute una deroga per attivare subito le modalità per le assunzioni a tempo indeterminato per l’area di emergenza- urgenza. Il 3 luglio, in attesa dei nuovi medici, l’Asp ha deciso di “fare squadra” e, per garantire i livelli essenziali di assistenza, ha chiesto l’apporto degli altri primari della provincia. Ad incontrarli è stato lo stesso Bavetta, che ha convinto i primari dei quattro reparti di Pronto soccorso della provincia. «L’azione di sensibilizzazione che ho lanciato – spiega – ha trovato la massima disponibilità, e loro stessi hanno volontariamente deciso di coprire personalmente i turni in quel reparto. Ringrazio questi colleghi, in particolare chi, da responsabile di struttura complessa, non ha l’obbligo di coprire i turni di guardia». Messo un freno al problema, dovrebbero conseguentemente diminuire i disagi dei cittadini che si trovano a dover permanere a volte anche dodici ore al pronto soccorso, prima di essere dimessi. Una “valvola di sfogo” dovrebbe esere costituita dal nuovo ospedale di Mazara del Vallo, con il relativo nuovo pronto soccorso. Agostina Marchese