Mattarella elogia i sindaci del Belice

LA RICORRENZA. Il presidente della Repubblica a Partanna per il cinquantesimo anniversario del terremoto del 1968. Il Belice come simbolo di rinascita e di coraggio. Un territorio che ha lottato e continua a lottare per andare avanti e poter sopravvivere. Terra di mille bellezze, terra che porta ancora le visibili ferite di un terremoto che ha strappato le vesti di questa Valle, già povera sul piano economico, denudandola. Il Belice è stata ed è terra della resilienza, della voglia di riscatto. «Questa zona ha sollecitato l’intero Paese, per più aspetti, a rinnovarsi ». Con queste parole, il capo dello Stato Sergio Mattarella, nell’auditorium «Leggio», a Partanna, ha riassunto i cinquanta anni dal terremoto che colpì il Belice nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968. Accolto dall’inno nazionale, intonato dal Corpo dei Vigili del fuoco, il presidente ha fatto ingresso nell’auditorium, dove ad attenderlo vi erano le più alte cariche politiche, civili e religiose del territorio. «Nei giorni scorsi – ha proseguito – alcuni sindaci del Belice hanno detto “stiamo costruendo il futuro”. Questa affermazione non è soltanto un messaggio di rassicurazione, ma manifesta orgoglio protagonista, determinazione per lo sviluppo della vita di queste comunità, convinzione di poter superare, con il necessario sostegno della comunità nazionale, le difficoltà che rimangono nel presente. Quelle parole manifestano ragionevole, fondata fiducia nel futuro. Il nostro ringraziamento, rinnovato, va a quanti ebbero parte nell’opera dei soccorsi, a quanti avviarono il processo di ripresa ». Nel 1968 l’Italia era ancora impreparata per affrontare un’emergenza del genere. Mattarella non è entrato nel vivo delle questioni, dei problemi, ma ha voluto ringraziare coloro che «ebbero parte nell’opera dei soccorsi» e quanti «avviarono il processo di ripresa». Un intervento formale, che ha forse lasciato l’amaro in bocca a chi voleva si parlasse anche degli errori commessi dallo Stato, che tante volte si è dimostrato lontano dalle esigenze di questo “singolare” territorio. Come prudentemente ricordato dal coordinatore dei sindaci della Valle, Nicola Catania, che fortemente ha voluto la presenza del capo dello Stato: «I cittadini e noi sindaci, nell’interesse di tutto il territorio, non possiamo non ricordare, allo Stato e al governo della Repubblica, che il Belice è ancora creditore, come ha anche accertato l’ultima commissione bicamerale, la cui relazione conclusiva dà atto del fallimento dell’intervento dello Stato e dello straordinario ruolo di sindaci e cittadini nel portare avanti, con un terzo delle risorse date ad altre zone colpite da analogo dramma, la ricostruzione di interi paesi». Il sindaco di Partanna, che ha aperto la cerimonia, non ha tralasciato l’enorme volontà e determinazione di chi vuole continuare a costruire la bellezza ed ha anche rivolto un pensiero ad Accumuli ed Amatrice, comuni terremotati dell’Italia centrale. Il presidente della Regione Nello Musumeci ha parlato di «ricostruzione lenta e ancora incompleta, di inchieste giudiziarie concluse senza colpevoli, di inefficienza nei controlli delle imprese», ricordando l’ex presidente della Regione Piersanti Mattarella, assassinato dalla mafia e fratello del capo dello Stato, «che nel 1978, davanti al Parlamento, denunciò il notevole ritardo nella ricostruzione». Durante la cerimonia sono stati ricordati i veri protagonisti di quei giorni di cinquanta anni fa, e sono stati consegnati diversi riconoscimenti: alla memoria dei quattro vigili del fuoco Giuliano Carturan, Savio Semprini, Alessio Mauceri e Giovanni Nuccio e dell’appuntato dei carabinieri Nicolò Cannella, tutti morti durante le operazioni di soccorso; alla memoria di don Antonio Riboldi, che si spese per il riscatto del territorio. E infine a Ivo Soncini, il vigile del fuoco che estrasse dalle macerie Eleonora Di Girolamo, detta «cudduredda », la quale morì però alcuni giorni dopo in ospedale. Sul palco, il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero, Franco Santangelo (all’epoca un bambino estratto dalle macerie dai vigili del fuoco), il comandante regionale dei carabinieri Riccardo Galletta, Antonella Stassi (bambina nata proprio la notte del terremoto) e Antonino Glorioso (uno dei bimbi di Santa Ninfa che si recò, nel 1976, a Roma, con Riboldi, per incontrare le più alte cariche dello Stato e sensibilizzarle). Agostina Marchese