Lo spettro delle ruspe che agita gli abusivi

La sortita del commissario Caccamo, a capo della triade che regge le sorti del Comune di Castelvetrano, circa l’intenzione di avviare le demolizioni delle case abusive di Triscina, ha – com’era ampiamente prevedibile – dato la stura a polemiche accese. Anche perché avvenuta negli stessi giorni in cui si dibatteva su una nuova esegesi dell’abusivismo: quello «di necessità». Un modello non dissimile da altri che l’hanno preceduto nei decenni e che, tramite omissioni e condoni, ha favorito scempi in ogni dove. Non a caso i soliti «leoni da tastiera » si sono già scatenati nei confronti di Caccamo: chi provando a indurlo a più miti consigli; chi suggerendogli (e quindi, nell’argot del siciliano, indimidatoriamente) d’occuparsi d’altre incombenze. Gli uni e gli altri, insomma, pressanti affinché tergiversi, lasci perdere e pilatescamente se ne lavi (anche lui?) le mani. Ma può, Caccamo, far finta di nulla quando una delle sezioni più significative della relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento degli organi politici, mette alla berlina proprio la gestione dell’abusivismo edilizio a Triscina? Un uomo delle istituzioni, inviato a Castelvetrano (secondo le intenzioni) per ripristinare la legalità, può lasciar correre? Si converrà che no, non può. Bisogna però vedere se alle parole (l’annuncio delle demolizioni) seguiranno davvero i fatti (le demolizioni con tanto di ruspe). E se quindi il commissario andrà fino in fondo, applicando la legge, dura ma lex. Ha un anno e mezzo (forse due) di tempo. Non è molto, ma non ha, però, Caccamo, lo svantaggio di rischiare d’essere mandato a casa, come capitato recentemente al sindaco di Licata, sfiduciato dalla sua stessa maggioranza proprio per la questione delle demolizioni delle case abusive. Vincenzo Di Stefano