Francesco Di Nicolò detto Cicco Stimpa e l’innata abilità declamatoria
Gran parte della cultura popolare è stata tramandata oralmente grazie alla voce delle generazioni che si sono succedute nel tempo. Oggi che questo collaudatissimo metodo può essere superato dalle moderne tecnologie, consapevoli del fatto che quando un popolo non è in grado di trasmettere le proprie tradizioni è ineluttabilmente destinato a perdere la propria identità, abbiamo raccolto qualche frammento della saggezza della cultura contadina in un cd. Il mio giovanile intuito di alcuni decenni fa di registrare sul nastro l’incantevole performance declamatoria di mio nonno Cicco e la riconosciuta professionalità tecnico-musicale di mio cognato Piero Pedone, hanno consentito la realizzazione di questo prezioso documento che racchiude una piccola parte dell’immenso patrimonio della nostra cultura popolare altrimenti irrimediabilmente perduto. La «tiratura» fu limitata e le copie sono andate esaurite. Per far fronte alle numerose richieste che sono arrivate, si è quindi deciso di duplicare l’opera contenenti le «parti di San Giuseppe» e altri brani riguardanti avvenimenti e personaggi vari. Le «parti» sono delle cantilene, delle litanie, antiche «laudi» popolari in dialetto, tramandate oralmente da padre in figlio. Questi monologhi, generalmente in rima baciata o alternata, diventano vere suppliche di fedeli durante la festività di San Giuseppe; fedeli che, con con passione devota, inneggiano alla vita del santo falegname ed esaltano la ricchezza della «cena». Ogni composizione in versi, con l’incisività del dialetto e con la ritmata cadenza, esprimeva la forza dei sentimenti recitate da un cantastorie che allora veniva ricompensato con un bicchiere di buon vino offerto dal padrone di casa, oppure da un un pane preso tra quegli esposti nella «cena».
Una testimonianza che dalla vita di un tempo, piena di stenti, miserie e privazione, ci porta ai nostri giorni fatti di agiatezza e consumismo. E per meglio evidenziare il passaggio dalla povertà, ma anche dalla saggezza contadina di un tempo, agli agi e alla spensieratezza tecnologia delle nuove generazioni, quasi un piccolo ponte tra epoche completamente differenti, sono state aggiunte, nel cd di nonno Cicco, direi quasi innestate, voci più fresche ed attuali come quella di mio figlio Pippo, che conclude la registrazione.
Questa testimonianza vuole essere, però, anche un doveroso omaggio alla memoria di Francesco Di Nicolò, detto «Cicco Stimpa»: contadino dotato di grande intelligenza e di incrollabile tenacia, nato il 6 luglio 1895 e, data l’estrema povertà del contesto in cui vide la luce, costretto, fin dalla più tenera infanzia, a lavorare duramente. Spesso, nel ricordare le sue vicissitudini giovanili, raccontava come i suoi più grandi sogni di bambino fossero stati possedere un paio di scarpe e accedere al mondo dell’istruzione. Nel tempo, di questi desideri poté realizzare soltanto il primo, perché frequentare la scuola fu un privilegio che non poté mai permettersi; anche se la sua grande determinazione e la sua sete di sapere lo spinsero ad imparare a leggere ed a scrivere, in ogni caso, da autodidatta.
Appartengo alla generazione che ha visto affermarsi la moderna tecnologia che stupisce con la realtà delle immagini in tre D e della limpida purezza del suono stereofonico in dolby surround ma ho avuto anche la fortuna di vivere l’esperienza affascinante dei «cunta», i racconti fiabeschi e fantastici pieni di mistero e suspense che mi tenevano incollato alla sedia a trattenere il fiato in attesa del finale e del succedersi degli eventi.
Il mio intrattenitore che raccontava e declamava le fiabe, leggende, incantesimi e le «truvatura» della nostra tradizione popolare, era il saggio e affettuoso nonno Cicco. Uno straordinario affabulatore che possedeva una teatralità innata fatta di sapienti pause, rallentamenti e accelerazioni. Morì, quasi novantenne, il 25 febbraio 1984, dopo una vita vissuta per la famiglia nel lavoro e nell’umiltà.
Gaspare Baudanza